sabato, settembre 08, 2007
Non amo Michael Moore. Non amo, per esser più precisi, l'ostinazione con la quale pretende di innestare nelle nostre menti la (presunta) Verità, cavalcando gli osanna di quel gregge che lo idolatra ad ogni uscita cinematografica. Ma ci si fa l'abitudine e si soprassiede. Così come si è fatto del resto con quella mandria informe di boccaloni che vede in Grillo il Messia dopo il monologo su skype.
Sgombriamo il campo da equivoci. Michael Moore non è un documentarista, è un abile montatore. Moore non è la Gabanelli, che stronca a destra e a manca con rigore e senza distinguo. Moore è furbetto e malizioso. Per carità esibisce una certa perizia nel maneggiare il mezzo, specialmente nella fase destruens dei suoi lavori. Chiusa la quale tuttavia, si cala mestamente il sipario.

Ho visto sicko, se non si era intuito. Bene, sicko merita di esser visto solo per i primi 45 minuti (fino quando l'indagine rimane su suolo usa). Il resto è un pout pourri di sensazionalismo, antiamericanismo d'accatto (la gita a cuba) e perniciosa retorica (hey la borghesia francese ha un tenore di vita superiore al mio, cittadino americano medio macdonald addicted).

Quanto al merito: la prima parte basta e avanza a farti inorrridire e a gridare all'aberrazione (non a caso la verità parla da sè, il fatto viene spiattellato nudo e crudo sul tuo schermo senza la stucchevole glossa del regista).

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posted by Upstream at 2:43 PM |


1 Comments:


At 11:02 AM, Anonymous Anonimo

Si Up, quello che dici è tutto molto condivisibile.
Anch'io, dopo aver visto il film, sono rimasto percorso da sconcerto ma allo stesso tempo annoiato dalla scontatezza della parte cubano-europea del film.
Riflettendoci però ho capito alcuni passaggi che mi erano sfuggiti.
Ad esempio che il film seppur avendo una distribuzione mondiale, è secondo me pensato per un pubblico americano, i quali non hanno la minima idea di come funzionino (bene) le cose fuori dal loro stupido mondo.
Anzi, caro up, credo che lo sconcerto provato a tratti dal buon Maigol Mur sia pure reale.
Insomma, il regista si pone come colui che ha il compito di sollevare il velo di Maya dagli occhi dei suoi concittadini.
Detto ciò, questa può essere una spiegazione a tanta scontatezza ma non toglie che rimane noiosa e leziosa.