giovedì, ottobre 19, 2006

Mentre gli occhi dei veronesi sono tutti rapiti dall'aura salvifica del Santo Padre, i nostri sono rivolti oltreoceano.

Sulla scia del post precedente, parliamo sempre di George Dabliu. Pare in ottima forma ultimamente, non passa giornata che non si assista a qualche sua perla.
Non pago di conquistare arbitrariamente porzioni di galassia di libero dominio, il nostro, sul suolo yankee, fa le prove di Stato di polizia.

Com'è noto gli Stati Uniti versano in uno stato di emergenza. In soldoni lo stato di emergenza, dichiarato dal Congresso nelle settimane immediatamente successive il crollo delle twin tower, non è solo una sensazione, un mood che si avverte vivendo in territorio americano ma è uno status giuridico ben preciso. Si tratta di un istituto che trova riconoscimento nel diritto internazionale e sul quale si sono pronunciati più volte gli organismi giurisdizionali e non tanto a livello internazionale quanto a livello interno. Sempre semplificando: nel momento in cui un Paese si trova in uno stato d'emergenza (per le più svariate cause: guerra civile, aggressioni esterne, minaccia alla vita democratica e/o all'ordine pubblico etc) è legittimato ad adottare provvedimenti restrittivi di una serie di diritti e libertà nel nome dell'esigenza di garantire la sicurezza nazionale e l'ordine interno.
Diritti e libertà che in regime ordinario non subirebbero alcun tipo di condizionamento, pena l'illegittimità del provvedimento stesso. Si pensi alla libertà di circolazione o di corrispondenza (per citare quelle negli usa sono sottoposte a restrizioni più o meno intense).

Il potere di introdurre deroghe al godimento di certe libertà è comunque temperato da una serie di cautele. Paletti posti dal diritto internazionali allo scopo di evitare che la compressione di tali diritti possa tradursi in qualcosa di arbitrario e del tutto estraneo a logiche legali. Ad esempio è necessario che le restrizioni in parola siano proporzionali e adeguate rispetto alla situazione di emergenza che si sta affrontando.
Il limite più importante è però rappresentato dalla presenza di una rosa di diritti considerati insopprimibili e inattaccabili in qualsivoglia situazione. Succeda l'irra di ddio all'interno del Paese ma quei diritti non posso essere oggetto di condizionamento alcuno. Un santuario di diritti e libertà untouchable. Si pensi al diritto a non subire trattamenti inumani o degradanti, il diritto ad essere giudicato da un giudice precostituito terzo e imparziale, la presunzione d'innocenza, l'habeas corpus, il diritto ad essere assistito da un difensore di fiducia e via dicendo.

E qui veniamo all'ultima legge firmata da Bush. Si tratta di un provvedimento che apre le porte a quello che in termini tecnici si definirebbe un legal black hole. Utilizzo di prigioni segrete della Cia, dure pratiche di interrogatorio e processi militari, cosi come si legge sui quotidiani, sono solo alcune delle novità introdotte dal provvedimento . L'habeas corpus viene negato così come preclusa è la possibilità per i detenuti di guantanano di presentare appello alle corti federali statunitensi contro le sentenze delle commissioni militari. In altri termini si va ad incidere su quello zoccolo di diritti che abbiamo definito come intangibili. In altri termini ancora si assesta uno schiaffone deciso al diritto internazionale umanitario e ai diritti umani.

Che a Guantanamo succedessero le peggio cose era noto a tutti. La stessa Corte federale statunitense, organo di vertice nella piramide giurisdizionale americana, ha in più occasioni avuto modo di decretare l'illegalità dei processi celebrati a Guantanamo (che ricordiamo essere a Cuba, a beneficio dei nostri parlamentari) sancendo l'illegittimità non solo delle commissioni giudicanti ma anche delle tecniche utilizzate per raccogliere prove e testimonianze. Evidentemente il legislatore statunitense non ha prestato affatto attenzione a questi, pur vincolanti, rilievi.

È un provvedimento che mi lascia seriamente interdetto, lo trovo giuridicamente aberrante e pericoloso in quanto finisce per legittimare pratiche del tutto estranee al circuito legale, posto a garanzia di derive totalitaristiche.
E pensare che è stato pure epurato da una serie di storture inenarrabili, presenti nella bozza originaria (si voleva ad esempio ammettere la legittimità di prove estorte con la forza. Orrore.)

E Bush in tutto questo che fa? Con la solita sicumera si trincera dietro allo stendardo della abusata retorica di Stato che da sempre lo accompagna in questi momenti. Se notate, quando si tratta di licenziare provvedimenti di forte impatto sull'opinione pubblica, Bush fa ampio ricorso ad un lessico estremamente metaforico ed evocativo. Non lesina riferimenti solenni e mistici (chi non ricorda il cavallo bianco della libertà che si fa strada nelle tenebre gettate dal terrorismo) riuscendo a coniugare uno stile sensazionalistico ad un gestualità decisamente teatrale.

È noto. L'americano medio, notoriamente esemplare privo della capacità discernimento, preferisce John Woo a Von Trier. Sgrana gli occhi di fronte ad una scenografia roboante, rimane apatico rispetto ad uno script di spessore.

Bush ha ottimi ghost writer devo ammettere, sa toccare le corde giuste e il gregge lo segue prono.

"E' un'occasione rara quando un presidente può firmare una legge sapendo che può salvare la vita a degli Americani. Io stamattina ho questo privilegio''.

God bless you, George.




 
posted by Upstream at 11:02 PM |


0 Comments: